chiese ed
edifici storici

SanraMariaAssuntaInvenzioneCroce_Coredo3

Chiesa di Santa Maria Assunta e dell'Invenzione della Santa Croce

Era la chiesa parrocchiale di Coredo. Anticamente era dedicata a S.Maria Assunta, come tante altre antiche chiese della diocesi. Dopo il 1600, accanto al primo titolo, venne aggiunto anche il secondo:
Invenzione di S. Croce. Dopo il 1700 nei documenti appare solo ilsecondo titolo.

La più antica memoria di questa chiesa risale al 1348. A quell’epoca aveva sei altari, il maggiore dedicato a S. Maria Assunta. Venne restaurata nel 1426, rinnovata e ampliata nel 1468. Nel 1611 un incendio
causò gravi danni alla chiesa e al campanile; in seguito vennero restaurati. Nel 1626 fu costruito l’altare della Madonna del Rosario che
esiste ancora; è di legno intagliato e dorato. Nel 1711 si decise di ristrutturare e ingrandire la chiesa e si affidò l’opera all’architetto Antonio Brusinelli di Trento il quale in dieci anni rifece la chiesa
nella sua forma attuale. L’altare maggiore di stile barocco fu intagliato nel 1661 da Simone Ramus di Cavareno. La pala dell’altare fu dipinta nel 1663. Nel 1746 furono costruiti la balaustra e il pavimento del presbiterio. Ora questa chiesa viene utilizzata in particolari circostanze.

SantaCroce_Coredo

Chiesa della Santa Croce

La chiesa di S. Croce – Agli inizi del Novecento si iniziò a pensare ad una nuova e più grande chiesa da costruire in mezzo al paese. Per il progetto fu incaricato l’architetto Efrem Ferrari di Trento. 

Per realizzare quest’opera fu mobilitata tutta la popolazione di Coredo che rispose generosamente sia con offerte sia prestando la propria manodopera. I marmi (travertino) furono fatti arrivare dalla Toscana (Siena). La chiesa fu portata a termine e consacrata nel 1948. E’ di stile rinascimentale moderno con svettante campanile che raggiunge l’altezza di 23 metri. L’altorilievo del timpano, raffigurante il Buon Pastore, è di E. Fozzer, del quale sono pure il tabernacolo e la Via crucis. Il grande Crocifisso è in bronzo ed è una fedele copia di quello esistente nel duomo di Prato. Da notare l’affresco dell’abside, opera di Pino Canarini di Verona; rappresenta il trionfo della Santa Croce. Le vetrate delle finestre rappresentano: il martirio di S. Andrea; S. Paolo della Croce; S. Maria Maddalena; S. Gemma Galgani. Nel 1967 la chiesa fu adeguata alle norme liturgiche del Concilio Vaticano secondo. 

SanRomedio4

Eremo di San Romedio

Abbarbicato su di uno sperone di roccia alto più di 70 metri, nell’angusta valle percorsa dall’omonimo rio, l’eremo di San Romedio è uno dei luoghi più suggestivi d’Europa. Qui il nobile tirolese Romedio visse nell’XI secolo, dapprima in solitudine, o meglio in compagnia di due fedeli compagni e dell’orso che aveva ammansito, poi raccogliendo una piccola comunità di confratelli. Sulla tomba del santo la devozione popolare e delle nobili famiglie d’Anaunia ha edificato una serie di cinque chiese e cappelle sovrapposte, che hanno assunto nel Settecento l’aspetto odierno. Più si sale (la scalinata conta 131 gradini) e più ci si avvicina al cuore del santuario, la sede del romitaggio di Romedio. Il cammino è scandito dal susseguirsi di vari edifici sacri riccamente decorati, tra i quali si evidenzia la cappella di San Michele (1514). Si giunge quindi alla chiesa maggiore, la cappella di San Vigilio: ancora più in là, nel sacello delle reliquie, opere scultoree e pittoriche risalenti al XII-XIII secolo conferiscono al luogo un fascino e una suggestione senza pari. In omaggio alla tradizione romediana, da anni è viva, anche se praticata a fasi alterne, la tradizione di ospitare degli orsi all’interno del santuario: celebre fu, nella seconda metà del Novecento, l’orso Charlie, arrivato nel 1958 grazie all’interessamento del conte Gian Giacomo Gallarati Scotti, che così venne salvato dall’abbattimento. Dal 2013 abita a San Romedio Bruno, un grosso orso bruno proveniente dall’Abruzzo, dove si trovava in una dura condizione di prigionia, in una sorta di zoo privato.
Il santuario è formato da un complesso costruito a più riprese a partire dall’XI secolo, che ha subito numerose aggiunte e modifiche e solo nel XIX secolo ha acquistato l’aspetto odierno.
Vari corpi edilizi, a uso sacro e profano, sono stati costruiti in epoche diverse, a partire da un nucleo più antico del XI-XIII secolo che comprende il sacello delle reliquie e la cappella di San Nicolò.
All’ingresso, una lapide ricorda il pellegrinaggio dell’eroe tirolese Andreas Hofer, nel 1809. In un suggestivo e ardito percorso architettonico che segue l’andamento dello sperone roccioso, il visitatore percorre i 131 gradini della scalinata e incontra in successione una residenza signorile con loggiato, realizzata a partire dall’XI secolo, con un cortile rinascimentale, la cappella di San Giorgio, del 1487, costruita dalla famiglia Cles con affreschi del XV e XVI secolo e un altare seicentesco, la cappella dell’Addolorata, ex voto dei reduci della Prima guerra mondiale; quindi la chiesa in stile gotico dedicata a San Michele Arcangelo, del 1514,  edificata dalla famiglia Thun, con affreschi cinquecenteschi e un altare ligneo del Settecento, ai lati del quale sono collocate le statue di san Romedio e san Francesco; infine la chiesa di San Romedio, o chiesa maggiore, eretta nel 1536, ancora voluta dalla famiglia Thun, con affreschi del 1612, che contiene la cappella di San Vigilio, preceduta da uno stupendo portale romanico, conosciuto come il “portale di Aricarda”, dal nome della religiosa il cui nome vi è sopra scolpito, composto nel 1200 con il recupero di pezzi preromanici; alla sommità, il notissimo sacello o cappella delle reliquie, il nucleo più antico, dell’XI secolo, costruito nei pressi della grotta dove visse
l’eremita e dove sono conservate le sue reliquie. Altri ambienti di vita e di servizio, furono aggiunti tra Sei e Settecento. Lungo la ripida scalinata del santuario due aspetti in particolare attirano e affascinano il visitatore: la lunghissima serie di ex-voto, i più antichi dei quali risalgono al XV secolo, e le scene della Via Crucis con le tremende figure degli aguzzini di Gesù, noti per i nonesi come “I zudièri ‘e San Romièdi”. Tra il 1514 e il 1865 la nobile famiglia Thun esercitò il patronato sul santuario, come attestano numerose testimonianze storico-artistiche. Nel 1948 la cura spirituale del santuario fu affidata
ai Francescani, per passare nel 2005 ai Frati minori conventuali che reggono pure la Parrocchia di Sanzeno.
 
 
Castel Bragher

Castel Bragher

Sorge presso la strada che da Taio sale a Coredo, in mezzo al bosco, su uno sperone roccioso delimitato da tre parti da profondi burroni, alla confluenza del Rio di Sette Fontane nel Rio di Val Solsa. Si può considerare la più complessa e singolare dimora feudale di tutto il Trentino. Il castello è abitato dal Conte che ne è il proprietario e dalla sua famiglia.
Il primo nucleo fu costruito nel 1270 da Bragherio di Coredo che ottenne dal principe vescovo il permesso di erigere una torre su quella roccia e di andarvi ad abitare, lasciando al fratello Paolo il castello di Coredo. Alla torre originaria, costruita tenendo conto soprattutto di esigenze militari, Bragherio aggiunse la torre di guardia. In seguito l’edificio passò ai Conti Thun. Nel secolo XVI fu ampliato e poi restaurato più volte. Ora è tra i castelli meglio conservati del Trentino. I vari corpi del fabbricato formano un insieme massiccio e movimentato. Il castello, imbiancato a calce, ha finestre bianche e rosse, i colori del casato dei Thun. Presso il cortile interno si trova la chiesa di S. Celestino, consacrata nel 1452; essa conserva un celebre ciclo di affreschi del Quattrocento.
Castello-di-Coredo_imagefull

Castello di Coredo

Il castello di Coredo si trova sul dosso vicino al paese, dove si trova anche l’antica chiesa. E’ circondato da un parco secolare per cui è poco visibile dal basso.

Fu fabbricato verso la fine del secolo XII. L’antico complesso di edifici aveva un aspetto assai diverso dall’attuale: ci è noto perché in un albero genealogico della famiglia Coreth viene rappresentato il castello diviso in due parti: due torri e tre fabbricati degradanti verso la vecchia chiesa parrocchiale.
Nel 1726 il castello venne restaurato e in quell’occasione perse definitivamente il suo tipico aspetto feudale. Ora si presenta come un edificio a due piani, di forma più o meno quadrilatera. Ha le finestre bianche e rosse come quelle di Castel Bragher. Le antiche mura sono riconoscibili solo a tratti, in specie al piano terreno e nelle cantine.L’appartamento padronale si trova al primo piano e di esso fa parte un grande salone in cui si trovano i ritratti di famiglia.
Nel castello sono conservati alcuni oggetti di notevole valore artistico e alcuni ricordi interessanti.

Casa da Marta

Casa da Marta

Casa da Marta si trova nel centro di Coredo, è un palazzo caratterizzato da uno stile che richiama il Rinascimento veneto, con gli angoli bugnati, la trifora e le monofore decorate. L’edificio si riallaccia alla nobile famiglia dei conti Coreth: è opinione comune che alcuni esponenti del nobile lignaggio si stabilissero a Casa da Marta, un tempo chiamata Casa Coreda.

Nel corso del Settecento, Vincenzo Antonio Rizzardi (1738-1807), il fattore che gestiva contadini e operai alle dipendenze dei Sicher e dei Coreth, acquistò l’intero fabbricato che deve l’attuale denominazione alla sua consorte, Marta Pezzini (1749-1817) originaria di Amblar (frazione del Comune di Amblar-Don).

Casa da Marta, rimase proprietà dei Rizzardi sino al principio degli anni settanta del Novecento, e nel 1992 venne acquistata dall’allora Comune di Coredo.

Casa da Marta ospita due permanenti al piano terra e al primo piano, e il terzo e quarto piano dedicati alle mostre temporanee.

Palazzo Nero

Palazzo Nero

L’edificio è stato denominato Palazzo Nero da tempo immemorabile, forse per il colore nerastro delle sue mura, ma più probabilmente per gli episodi tristemente famosi in esso avvenuti.

Coredo nel secolo XV fu capoluogo del distretto; vi risiedeva l’assessore e vi era tenuta la corte di giustizia. Il tribunale aveva bisogno di una sede degna e perciò, intorno al 1460, venne fatto costruire dal principe vescovo Giorgio di Hack il Palazzo Assessorile, quello che ora è denominato Palazzo Nero. Tra il 1614 e il 1615 nel Palazzo Nero ci fu il processo contro le streghe, sette delle quali furono condannate e bruciate davanti al Palazzo. 

All’interno esistono ancora resti di prigioni, ma ciò che rende interessante questo edificio si trova nell’antica “sala del giudizio”. Si tratta di un ciclo di affreschi fra i più notevoli della regione trentina. Essi raffigurano la leggenda di Genoveffa regina di Francia, ingiustamente accusata ma alla fine riconosciuta innocente. La leggenda che vuol dimostrare il trionfo della giustizia. Attualmente il Palazzo Nero è una casa d’abitazione.

SanMarcello_Dardine

Chiesa di San Marcello

A Dardine, paese che deve il proprio nome dal latino aridum, ha nella splendida chiesa di San Marcello e le sue importanti decorazioni di fine Quattrocento un monumento di straordinario interesse, tale da poterlo collocare tra le chiese più belle della Val di Non e del Trentino.

Documentata fin dal XIV secolo, la chiesa mostra sulla parete meridionale un frammento d’affresco della seconda metà del Trecento, raffigurante la Madonna che allatta il Bambino, opera del Maestro di Sommacampagna. L’accesso alla chiesa è scandito da una lunetta dipinta con una Madonna col Bambino di gusto nordico, di fine Quattrocento. Lavori di ampliamento e rinnovamento vennero portati avanti entro il 1527; nel presbiterio si trovano affreschi legati alla Passione di Cristo, di mano nordica, influenzata dall’opera di Leonardo di Bressanone, databili al 1482; della stessa mano sono le altre decorazioni, con il Giudizio Universale, la Crocifissione e figure di santi.

Nella volta dell’aula, edificata nel 1527 si trovano i Profeti, i Dottori della Chiesa, gli Evangelisti e un Cristo in mandorla, opera tardogotiche ancora di un pittore nordico ma che, come nota Ezio Chini, non ignaro della prospettiva di gusto italiano.
Chiesa Filippo_Giacomo_Dermulo

Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo

Nel centro storico del paese di Dermulo, in basso sulla forra del Noce, la vecchia chiesa si presenta nella forme dovute agli interventi del 1677, ma è sicuramente più antica.
Vi si accede, particolare curioso e raro, dal campanile: all’interno notevoli sono alcuni frammenti di affresco: un primo, posto in controfacciata, di primo Quattrocento, mostra alcuni muratori intenti nella costruzione di un edificio, forse una torre. Il particolare va forse inquadrato in un episodio relativo la vita di Santa Barbara e il dipinto si collega al Ciclo dei Mesi di Torre Aquila nel Castello del Buonconsiglio, opera simbolo del Gotico internazionale realizzata intorno al 1400. Sulla parte destra assai interessante è un frammento d’affresco duecentesco con la Deposizione di Cristo nel sepolcro, mentre sull’arco santo si vedono una Crocifissione trecentesca e un San Bartolomeo.
L’altare maggiore è opera del 1616 di Simone Lenner e porta al centro una pala coeva con la Madonna col Bambino e i Santi Filippo e Giacomo. A sinistra vi è un altare opera di Pietro Strobl iunior del 1679 con un manichino ligneo vestito della Madonna col Bambino di epoca settecentesca.
A destra l’altare è pure seicentesco, con un paliotto raffigurante San Giacomo e una pala del 1698 con la Madonna col Bambino e i Santi Giuseppe e Valentino. Le vetrate sono opere degli anni Quaranta del XX secolo, di Dario Wolf e Giuseppe Parisi.
SantaGiustina_Dermulo

Chiesa di Santa Giustina

L’edificio sacro venne eretto nel 1945 su disegno dell’architetto Efrem Ferrari. La struttura si caratterizza per un lungo portico e per l’aguzzo campanile, con trifore e alta cuspide in rame. Le vetrate sono opera del veronese Pino Casarini con Scipione Ballardini. L’opera più interessante è la pala del XVI secolo, opera di autore di ambito tedesco, raffigurante la Madonna col Bambino e angeli, con i Santi Giustina e Cipriano, proveniente dalla vecchia e non più esistente cappella di Santa Giustina nell’omonimo eremo. Completano l’arredo sacro due altari novecenteschi dedicati a San Pio X papa e alla Madonna, oltre a due quadri, ancora del XX secolo, del bergamasco Giovanni Battista Galizzi, con Santa Giustina e il Crocifisso e ad una statua dell’Immacolata di Giuseppe Obletter.
SantaGiustina2

Eremo di Santa Giustina

Dal paese di Dermulo, scendendo lungo la profonda forra del Noce, poco a valle della diga omonima, in pochi minuti si raggiunge una larga cavità nella parete rocciosa, tale da offrire protezione e consentire nei secoli passati di edificarvi un romitorio e una cappella; la pala cinquecentesca con la Madonna col Bambino e i Santi Giustina e Cipriano che la adornavano si trova oggi nella chiesa nuova di Dermulo. La tradizione vuole il luogo, dedicato a Santa Giustina, frequentato in età longobarda, abitato dal monaco Secondo da Non, confessore della regina Teodolinda e morto nel 612. Documentato nel 1537, esso venne abitato da un eremita, dedito alla vita ascetica, fino al 1778, visitato da pii pellegrinaggi; esso fungeva anche da ospizio per i viandanti e, in caso di epidemie, di luogo di ricovero dei malati. Il primo eremita di cui si ha notizia e Giovanni Giacomo Etterharter, mentre l’ultimo fu un tale Frasnelli di Mollaro che fuggì dal paese dopo aver raccolto una colletta tra gli abitanti.
Sottostante all’eremo il sentiero prosegue fino al Noce fino ad attraversarlo, per poi risalire sull’altro versante verso Tassullo.
SAnMarco_Mollaro2

Chiesa di San Marco

La vecchia chiesa di Mollaro, ricordata già nel XVI secolo, venne rifabbricata e ampliata nel 1852; la semplice facciata è ornata da un affresco, raffigurante San Marco, opera del pittore Carlo Bonacina, del 1946. All’interno, l’altare maggiore è in marmo, realizzato contemporaneamente alla pala che lo adorna, del 1853, opera del pittore veneto Luigi de Guarnieri e raffigurante la Madonna con i Santi Marco e Antonio. L’altare laterale in legno, è opera novecentesca e contiene la statua dell’Immacolata. Infine, alcune opere rappresentano l’eredità della vecchia chiesa: si tratta di due dipinti, appesi ai lati dell’altare maggiore, uno del XVI secolo, raffigurante Sant’Andrea, l’altro del XVIII secolo con San Francesco. Da notare, in controfacciata, una discreta pala seicentesca con la Madonna col Bambino e i Santi Marco e Carlo Borromeo, probabilmente la pala dell’altare maggiore nella chiesa vecchia.
SanMichele_Priò

Chiesa
di San Michele

Posta in posizione dominante, la chiesa è documentata nel 1537. Venne rinnovata nel 1631 e ampliata nel 1910 con il contributo di una benefattrice del paese di Priò, Margherita Postingher Brida. Il portale rinascimentale introduce alla navata, con l’altare maggiore del 1659 opera di Giovanni Battista Ramus, con paliotto in cuoio del 1659 con San Michele e la pala coeva con la Madonna e i Santi Michele e Giovanni Evangelista. Da notare il fonte battesimale del XVII secolo.
NativitàDiMaria_Segno

Chiesa della Natività di Maria

La chiesa di Segno, documentata nel XIV secolo, venne ampliata alla fine del Settecento dal comasco Carlo Bianchi, mentre il campanile è del 1582. All’esterno si nota una meridiana del 1798, mentre all’interno la decorazione è settecentesca ad opera del pittore di Mezzana Pietro Dalla Torre. L’altare maggiore, del XVIII secolo, è in marmo e contiene una pala con la Natività di Maria; nella chiesa si trova un dipinto seicentesco con San Lorenzo. Da notare il bel Crocifisso settecentesco di gusto locale, e gli altari laterali, anche settecenteschi, di Giacomo Insom, decorati di statue novecentesche della bottega di Giuseppe Obletter; la Via Crucis è opera di Mattia Lampi.
SantaMariaAssunta_Smarano2

Chiesa di Santa Maria Assunta

Documentata dal 1280, la chiesa di Smarano venne ricostruita nel 1759 da Pietro Bianchi da Brienno, come si vede dal ricco portale d’ingresso barocco, adornato dalle statue dei Santi Pietro e Paolo.
Di grandissimo interesse è il paliotto settecentesco ad intarsi di pietre che adorna l’altare maggiore in marmo, realizzato da Domenico Italiani: esso raffigura Melchisedec che offre il pane ad Abramo; all’interno dell’altare, la pala del 1764 rappresenta l’Assunta. Dello stesso anno sono gli altari laterali, in pietra e realizzati da maestri di Tres e di Coredo. La decorazione interna è del 1922 di Matteo Ottolini. Da segnalare il fonte battesimale, cinquecentesco.

MadonnaDelRosario2_Taio

Chiesa della Madonna del Rosario

Risalente al XII secolo e rimaneggiata nel corso del XVI, la chiesa di Taio mostra grandi motivi di interesse. A partire dal portale duecentesco di gusto romanico, sopra il quale si trova il piccolo campanile, per poi arrivare, sulla facciata occidentale, ad alcuni frammenti di affresco risalenti al XIV secolo con la Madonna col Bambino, San Martino e il povero, oltre ad una testa di santo. Sulla stessa facciata si apre un portale rinascimentale: sopra di esso, nella lunetta, il bassorilievo con l’Ecce Homo e quindi un altorilievo con la Madonna col Bambino, opera settecentesca di Pietro Antonio Barbacovi. L’altare maggiore è del XVII secolo e reca una pala coeva recante la Madonna del Rosario e i Santi Domenico e Caterina da Siena.
Sopra la pala si trova un quadro, del XVII secolo, con la Madonna del Rosario, santi e offerenti. L’altare di destra è opera di Pietro Strobl iunior del 1713-1716, completato da una scultura di Vigilio Fortunato Prati raffigurante San Giuseppe col Bambino; la pala è ancora seicentesca con la Madonna col Bambino e i Santi Sebastiano e Antonio Abate.
Un ulteriore altare, del 1608 e frutto della committenza della famiglia Thun, contiene la pala dell’Assunta, firmata dal monogrammista W.R. Recentemente lo storico dell’arte Salvatore Ferrari ha individuato nel monogrammista lo stesso autore di una serie di opere presenti in Castel Campan di Caldaro, proprietà Thun, collegando inoltre la pala dell’Assunta ad una analoga opera esistente nella chiesa dei Cappuccini di Bolzano, frutto di una committenza Wolkenstein.
Completano l’arredo sacro le statue cinquecentesche della Madonna col Bambino e del Cristo Pantocratore, oltre a due dipinti settecenteschi con la Resurrezione di Cristo e l’Annunciazione.
SanVittore_Taio2

Chiesa
di San Vittore

Documentata nel 1273, per la tradizione popolare venne edificata dal vescovo trentino San Vigilio. Venne riedificata, con l’eccezione della parte absidale, tra il 1845 e il 1848. L’altare maggiore, del 1874, è opera del roveretano Pietro Scanagatta e mantiene sulla cimasa un rilievo marmoreo, opera di Pietro Antonio Barbacovi, raffigurante San Giovanni col Bambino.
Interessante è il dipinto del Martirio di San Vittore, di Mattia Lampi (1755). Le decorazioni della chiesa sono opera di Dario Wolf e Matteo Sebesta, del 1943. Dello stesso anno e sempre di Dario Wolf e Giuseppe Parisi sono le vetrate della chiesa: una è di particolare interesse, dato che rappresenta Cristo e i frustai, celebre mestiere tradizionale di Taio.
Da notare sono i due altari laterali: a sinistra il cosiddetto “altare Chilovi”, dal nome della
famiglia committente, è opera di Cristoforo Benedetti iunior del 1703; ai lati vi sono le statue dei Santi Pietro e Paolo, mentre la pala è del 1712 e rappresenta il Crocifisso con la Madonna Addolorata e i Santi Giovanni Evangelista, Giacomo e Valentino. A destra un altare ancora settecentesco reca le statue di San Pio V e di San Vincenzo de’ Paoli, con al centro una pala del 1886 con la Madonna col Bambino e i Santi Giuseppe e Giovannino e le anime purganti. Infine, da notare il fonte battesimale del 1554.
SanSisto_Tavon2

Chiesa
di San Sisto

La chiesa di Tavon, documentata nel 1344, venne ricostruita nel 1852. L’altare maggiore è settecentesco, al pari della pala raffigurante la Madonna del Carmelo con i Santi Domenico e Caterina da Siena; ai lati le coeve statue di San Pietro e di San Giovanni Battista, opere di Gianpiero Zorzi. Di grande interesse è la pala posta nell’abside, di Martin Teofilo Polacco e raffigurante la Madonna incoronata con i Santi Valentino e Zenone. La decorazione, del XX secolo, è del bassanese Domenico Primon. A sinistra, l’altare è ottocentesco e recupera parti di un altro del 1687 realizzato da Giacomo e Pietro Strobl, con le statue di Sant’Antonio da Padova col Bambino e di San Francesco. La statua della Madonna del Carmelo è di Giovanni Battista Moroder. L’altare destro è opera di Pietro Strobl iunior e reca le statue dei Santi Romedio e Valentino, oltre alla statua di San Giuseppe col Bambino di Giuseppe Runggaldier.
SantEusebio_Torra2

Chiesa
di Sant' Eusebio

Posta in un luogo di alto valore paesaggistico, protesa a dominare la valle sottostante, la
chiesa di Torra fu antica sede pievana, ricordata nel XIII secolo; una leggenda la vuole fondata dallo stesso vescovo San Vigilio. Lo splendido campanile, di foggia romanica, appartiene alla vecchia chiesa, mentre l’edificio sacro venne ricostruito nel 1624. La facciata è decorata da un rosone e dal sottostante portale rinascimentale, la cui lunetta ospita un affresco di fine Quattrocento raffigurante la Madonna col Bambino tra angeli. L’interno è contraddistinto dalla nervatura della volta, mentre l’altare maggiore in marmo è opera settecentesca proveniente dalla chiesa di San Giovanni Battista di Mezzolombardo, demolita nel 1846. Al centro dell’altare si trova la statua della Madonna del Rosario, opera del XX secolo. Ai lati le statue in stucco dei Santi Pietro e Paolo, scolpite da Biagio Konscheiter tra il 1745 e il 1747.
SantAgneseNuova_Tres

Chiesa nuova di Sant'Agnese

L’edificio sacro sito nel paese di Tres risale alla metà dell’Ottocento, sorto sul luogo dove si trovava la quattrocentesca chiesa di San Rocco e consacrato nel 1850. La facciata è ornata da una Buon Pastore dipinto nel 1914 da Metodio Ottolini; di pochi anni anteriore, del 1910, è il campanile. Lo stesso Ottolini fu autore dell’intera decorazione interna della chiesa; anche gli altari sono opere otto-novecentesche.
SantAgneseVecchia_Tres

Chiesa vecchia di Sant'Agnese

Documentata nel 1307 e ricostruita nel 1476 ad opera del maestro comacino Domenico, essa rappresentata uno straordinario scrigno di storia e di arte, edificata sulla sommità di un dosso (località Doss) che domina il paesaggio circostante. Nel 1795 la chiesa fu gravemente danneggiata da un incendio. L’edificio in stile gotico ha un portale decorato contenente una Annunciazione, mentre sulle pareti esterne sono visibili resti di affreschi, tra cui un San Cristoforo e una Madonna col Bambino di epoca quattrocentesca. All’interno, la decorazione pittorica risale al 1476 ed è opera di Giovanni e Battista Baschenis. Essa si compone di numerose raffigurazioni: sulla parete destra, Tre Santi, l’Ultima Cena, i Santi Pietro e Maria Maddalena, Cristo Pantocratore, la Madonna col Bambino e Sant’Anna, lo stemma della famiglia Tumer; sulla parete sinistra il Martirio di Simonino; sull’arco santo l’Annunciazione; nell’abside i Quattro Evangelisti, i Dottori della Chiesa e la Passione di Cristo.
SanRocco_Tuenetto2

Chiesa
di San Rocco

Discosta dal paese e in mezzo ai frutteti, la chiesa di Tuenetto è ricordata nel 1579 e venne riedificata nel 1764. Sulla facciata, adorna di un rosone e di un portale in pietra bianca, si trova una statua novecentesca di San Rocco. All’interno, caratterizzato da una
volta a crociera, si trova l’altare maggiore, opera del 1640 dello scultore Simone
Lenner di Ossana, con la statua novecentesca dell’Immacolata. Gli affreschi
della navata sono opera del 1913 del pittore Plinio Pancirolli.
SanraMaria_vervò3

Chiesa
di Santa Maria

Si tratta dell’antica parrocchiale di Vervò, documentata fin dal 1327, successivamente ampliata fino ai grandi interventi del 1886. Il campanile è opera del 1769 del lombardo Antonio Bianchi. Il portale è cinquecentesco e a di sopra di esso di trova il dipinto della Madonna della Misericordia, del XVII secolo. Di particolare interesse è la decorazione interna, opera del 1944-1945 del trentino Dario Wolf (1901-1971), sfollato a Vervò negli anni della Seconda guerra mondiale. Qui prese persone del paese per ritrarre i personaggi delle scene sacre. Gli altari sono seicenteschi: il maggiore ospita una pala di Matteo Tevini con la Madonna del Rosario, mentre gli altri contengono le statue novecentesche di San Giuseppe col Bambino e del Sacro Cuore di Gesù. Seicenteschi sono anche il pulpito e il fonte battesimale.
San Martino

Chiesa
di San Martino

Posta in uno dei luoghi più suggestivi della Val di Non, in posizione dominante sui burroni del Buson e della Pongaiola, sede di un insediamento vivo lungo tra la preistoria e l’alto medioevo, è documentata dal 1389 ma venne riedificata nella forme attuali tra il 1532 e il 1539. Nell’abside si trovano affreschi cinquecenteschi con il Padre Eterno e i Quattro Evangelisti. L’altare ligneo policromato è opera del 1686 di Pietro Strobl, mentre la pala mostra la Madonna col Bambino e santi, opera di Giovanni Felicetti del 1713-1715; a sinistra l’altare dei Santi Filippo e Giacomo è ancora opera di Pietro Strobl del 1683, dorato nel 1716 da Giovanni Battista Costanzi, con una pala con i santi titolari del 1673. Nella
chiesa lavorò anche il figlio di Pietro Strobl, Pietro iunior, come ad esempio nel tabernacolo e nell’antipendio dell’altare maggiore. L’altare destro venne realizzato nel 1735 da Vigilio Fortunato Prati e mostra una pala del 1676 opera del pittore locale Giovanni Sembianti, con i Santi Pietro e Paolo. Discosto rispetto alla chiesa svetta il campanile quattrocentesco, decorato da un grande San Cristoforo, opera del 1476 di mano bascheniana. Adiacente al campanile si trova la cappella dei Santi Fabiano e Sebastiano, del 1476, con tracce di affreschi cinquecenteschi e un altare settecentesco ancora opera di Vigilio Fortunato Prati. Nella cappella si trovano due dipinti del XVII secolo: uno con la Madonna del Rosario coi Santi Domenico e Caterina e le anime purganti, oltre ad una Madonna col Bambino opera di Matteo Tevini.

SanSigismondo_Vion

Chiesa di
San Sigismondo

Il piccolo edificio sacro a Vion, documentato nel 1537, ha un portale del 1590, mentre il campanile risale alla metà del XVIII secolo. Da notare l’altare maggiore, opera di Simone Ramus del 1678 e dorato da Vittorio Emer di Dermulo nel 1710. La pala seicentesca mostra la Madonna col Bambino e i Santi Sigismondo, Antonio e Romedio. La pila acquasantiera è del 1591.